venerdì 13 giugno 2008

13 giugno 2008, venerdì. Il Lukosi

Ore 6:30 sveglia

Voglio vedere il sole sorgere dietro le montagne mentre le nuvole salgono dal basso. Usciamo in fretta con Giuseppe e ci incamminiamo per la strada che da casa Maguta scende direttamente verso Lukosi e ci affacciamo a una delle prime curve sulla valle per goderci lo spettacolo. Il sole spinta da dietro il crinale di fronte a noi e i suoi raggi bucando le nuvole all'orizzonte le tingono di arancione sui bordi, mentra dal basso, dal fiume ai nostri piedi salgono le nuvole di umidità trascinata verso l'alto dall'aria scaldata dai primi raggi solari.

Appena il sole oltrepassa lo strato di nuvole all'orizzonte rientriamo per la colazione assieme agli altri.

Dopo la colazione Marco parte con la Toyota per seguire lo sbancamento alla parrocchia, Mario va in cantiere per avviare i lavori e seguire l'allestimento della carpenteria per continuare il getto dello scivolo, Annamaria assieme a Tafrigia (Taffi) e Innocentiza che sono arrivate nel frattempo, si apprestano a riordinare la casa e a preparare per il pranzo per il quale avremo ospiti il parroco di Madege e il suo vice. Gianfranco vuole iniziare a riordinare ed aggiornare il suo diario che ha qualche giorno di ritardo poi deve iniziare a curare la notevole corrispondenza che dovrà completare prima della fine del viaggio.

Io e Giuseppe decidiamo, su sua proposta, di andare a vedere le cascate del Lukosi un poco più da vicino percorrendo la tracciata da Marco e dai nostri amici per raggiungere la centrale elettrica.

Ci incamminiamo immergendoci immediatamente in un paesaggio e in un ambiente incontaminato e serenamente selvaggio nella luce del mattino. Scendiamo a piedo senza fatica fino ad arrivare in uno degli spiazzi che servono per tracciare i tornanti della strada, proprio di fronte alle cascate che scendono fragorosamente su lisce pietre oblique levigate dalla erosione. La stessa erosione che in una breve stagione di pioggia a scavato un solco di quasi quattro metri di profondità nella strada poche curve prima di quella dove ci fermiamo a fotografare. Proseguiamo scendendo verso valle dove guadiamo il Lukosi prima di arrivare sullo spiazzo della centrale elettrica. Di qui risaliamo per le ripide rampe tracciate da marco ma in questi caso realizzate interamente a zappa dai nostri ragazzi africani. Arriviamo sulla strada che fiancheggia la condotta dove alcuni operai stanno cavando la sabbia dal fianco della montagna per rifornire le betoniere. Completato l'anello in circa un'ora e mezza di strada a piedi siamo dinuovo in cantiere e saliamo sulle impalcature per seguire la preparazione della carpenteria. Intanto il celo si è un poco rannuvolato ma un leggero venticello ci conforta del fatto che difficilmente pioverà. Una bimbetta vestita di un grembiulino a quadretti bianchi e rosa sta giocando e schiamazzando in cima alla collinetta sopra la casa degli operai, appena mi giro per scattarle una foto si acquatta e sparisce in mezzo all'erba alta più di lei.

Per il pranzo arriva anche padre Ruben, il vice parroco di Madege, che viene intrattenuto da Marco che lo coinvolge in una surreale lezione sui dati tecnici della corazzata Bismark e dopo sugli aerei da combattimento. Pranziamo in serenità scambiando chiacchiere e idee.

Dopo mangiato Giuseppe mi accompagna assieme a uno dei nostri ragazzi a vedere dall'alto la parte della valle del Lukosi che sarà allagata dell'invaso della diga. Saliamo a piedi lungo i loro sentieri e veniamo subito superati da una donna dall'età indefinibile ma non certo giovane che sale a piedi nudi e ci saluta sorridendo. Arriviamo in cima all'altura che definisce una delle anse del fiume ai nostri piedi e che ci permette di vedere il panorama delle valli limitrofe a 360 gradi. Peccato che il cielo sia rannuvolato. Scendiamo sempre per i loro sentieri che questa volta percorrono il margine di un campo di grano turco lungo la linea di massima pendenza e infatti in breve siamo di nuovo dalle betoniere ai piedi della diga. Giuseppe raggiunge Mario per controllare le operazioni di getto mentre io salgo verso casa e sulla salita che porta alla spianata del cantiere incontro prima una mamma con la gerla in testa e un bambino che le trotta dietro, poi un gruppo di ragazzette e dopo ancora un altro gruppo di tre mamme con quattro bimbi, tutte accettano gentilmente le mie raffiche di scatti. Rientro per completare la lista della spesa e i promemoria per non dimenticare nulla nei prossimi giorni.

Domani mattina decidiano di partire da casa alla volta di Dar Es Salaam entro le 7 di domani mattina. Marco, Annamaria e William verranno a Dar praticamente per accompagnarmi, sono dispiaciuto che debbano farsi un viaggio di più di 1200 chilometri tra andata e ritorno a causa mia ma d'altra parte mi fa piacere muovermi in un ambiante che ancora mi intimorisce aassieme a persone che ormai lo conoscono molto bene. Avremo un'altro passeggero a bordo del nostro toyota (e anche di questo non mi dispiaccio, se non altro questa volta viaggerò su sedili più comodi), porteremo il fratello di William a Iringa.

Ceniamo tutti assieme allegramete raccontando episodi di viaggio e anddoti sulle reciproche esperienze in Africa.

Dopo cena facciamo un ultimo riepilogo prima di andare a dormire. Mi dispiace un poco lasciare qui Gianfranco ma credo che possa essere una buona cosa per lui avere la possibilità di immergersi in questa africa e nella attività di questo straordinario cantiere, mi sento di fargli una unica raccomandazione: ricordarsi di essere in Africa e che non siamo africani!

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